Buon Natale e buone feste cari lettori!
Prima di raccontarvi i mutamenti lavorativi che ancora una volta mi coinvolgono molto da vicino, vorrei soffermarmi su un tema “caldo”, che ho riassunto così: Gratis non è lavoro.
Ho letto molto di recente un interessantissimo articolo sulla saga degli imprenditori di stra-successo che non riescono a trovare candidati specializzati per le loro strafichissime aziende.
Ma che cosa si intende esattamente con “candidati specializzati”? Lo stagista? Il lavoratore under 30 da mettere in tirocinio? Il laureato che si accontenta pur di non stare a casa? Il professionista che si deve reinventare in quest’epoca strana e grave e riparte suo malgrado da zero?
E’ capitato anche a me di leggere sui giornali e sui social (soprattutto LinkedIn) storie di imprenditori dal grande cuore e dalla parlantina tutt’altro che timida che lamentano blocchi produttivi, ritardi nelle consegne, mancate commesse, macchinari fermi a causa della mancanza di manodopera specializzata.
Ma … la paga qual è? Dove è stato pubblicato l’annuncio? Magari sulla porta della reception? Magari non c’è un ufficio selezione interno o un’agenzia che se ne occupi adeguatamente?
Al grido di “offriamo contratti al di sopra della media nazionale, ma non riusciamo a trovare collaboratori, i giovani non hanno voglia di lavorare e di mettersi in gioco e di lasciare il divano di casa e bla bla bla, preferiscono prendere il sussidio di disoccupazione, ormai sono tutti studiati, nessuno si vuole sporcare più le mani” si riempiono i titoli di giornali e telegiornali.
Magari però, scavando un po’ più a fondo, si scopre che le condizioni contrattuali non sono proprio così limpide e oneste, e che non si cerca anche un po’ fuori dalla propria zona.
Sensazionalismo take away.
Se il livello di innovazione, la cultura manageriale, la qualità del lavoro sono al di sotto di qualsiasi livello accettabile, davvero si può parlare di una moderna narrazione del lavoro? La totale ignoranza dei moderni strumenti di comunicazione (social, canali digitali, piattaforme tematiche) e delle basi della contrattazione collettiva non è più giustificabile con l’età avanzata dell’imprenditore o le piccole dimensioni dell’azienda.
Queste aziende meritano di essere tritate dal riscontro reputazionale negativo. Anche chi millanta corsi e formazione e super cazzole e incentivi poi non ha un piano di crescita vero, employer branding, corsi veri da seguire (o solo per alcuni), mentre gli altri collaboratori si trascinano boccheggianti nella triste quotidianità.
Impiegati e operai di serie A, impiegati e operai di serie B.
Quelli di serie B manco riescono a far percepire il valore aggiunto che portano in azienda! Fatto di un lavoro elegante, etico, creativo, costante, umile e silenzioso.
E’ interessante analizzare la perdita reputazionale di un brand quando vuole fare comunicazione senza conoscerne le regole.
I fenomeni con una buona dose di arroganza in corpo ci sono sempre stati: è incredibile come certe aziende abbiano la sfiga di trovare solo candidati che percepiscono il reddito di cittadinanza e che, pur di non rinunciarvi, declinano più che rispettabili offerte di lavoro. Porcaccia! Anche 3.000 euro al mese! E che è? Io dopo 3 anni in azienda ne guadagno neanche la metà!
E’ una vera e propria malattia della società civile ed economica veneta e del Nord Est in generale, a quanto vedo. O di tutta Italia?
Perché non avvalersi di uno specialista? Delle risorse umane e del marketing, così come hai il commercialista per problemi amministrativi e fiscali, l’avvocato per problemi legali e così via.
E’ molto facile lanciare invettive, alzare la voce e mettersi dietro un microfono a pontificare.
Poi dipende molto anche da chi c’è dall’altra parte eh! Perché il giornalista che non approfondisce con una cosa che si chiama “fare domande” e con controlli incrociati, è pure più idiota dell’imprenditore, o almeno un suo pari.
Insomma, stampatevelo bene in testa: GRATIS NON E’ LAVORO. A qualunque età, a qualunque condizione.
Quando fai le cose per bene, nessuno sospetterà che tu abbia realmente fatto qualcosa.